Dario Tironi sembra dirci attraverso le sue opere che anche dagli scarti può nascere l'arte. I rifiuti possono tornare alla nuova vita: è così che le vecchie Barbie, le calcolatrici rotte, le bottiglie di plastica, le palline da golf e i cavi diventano qualcos'altro, assumendo le fattezze di uomini e animali a grandezza naturale. Assemblati insieme riescono a trasmettere molto più di ciò che appaiono.
Ha voluto spesso riallacciarsi alla tradizione della grande scultura antica che costituisce, infatti, il punto di riferimento essenziale dell'artista. Riproduce così nella sua famosa maniera una statua etrusca Chimera che, secondo la mitologia greca, era una mostruosa leonessa che sputava fuoco dalla bocca e che viveva nei pressi della città di Licia, nell'Asia Minore. Il suo corpo era composto di molteplici parti animali: sulla schiena aveva una testa caprina, e lungo tutto l'arco scaglie di drago, mentre la coda era di serpente. La sua “cyber Chimera” si compone di una struttura in ferro su cui si assemblano vari oggetti di uso quotidiano, dal phon all'aspirapolvere, dal lettore CD ai pezzi degli scacchi. In questo modo l'artista restituisce dignità e vitalità a materiali tecnologici scartati, creando una figura elegante e assolutamente somigliante all'originale etrusco a cui evidentemente si riferisce. Questa Chimera è aerodinamica, quasi spaziale nella sua forma slanciata e nervosa.
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